«È cambiato tutto. Questo verde prima non c’era. Fino a poco tempo fa qui era solo sabbia». Abbakr Abbami sorride orgoglioso. Con una mano tiene la zappa, con l’altra mostra il campo davanti a sé, a poche decine di metri dal Lago Ciad. È lui il presidente di uno dei 40 groupement (gruppi) di contadini sostenuti dalla rete internazionale COOPI in questa zona poverissima dell’Africa, dove le acque del Lago sono state in gran parte divorate dal deserto e, nonostante questo, i frutti della terra, difficilissimi da fare crescere in un clima così arido, sono l’unica fonte di sostentamento per chi vive qui.
I “groupement” sono forme associative che riuniscono famiglie diverse per migliorare la produzione agricola, l’obiettivo oltre all’autosufficienza è anche quello di entrare sul mercato.
«Ogni gruppo è formato da 25 membri, ognuno rappresentante di una famiglia. Noi abbiamo fornito sementi, utensili, sistemi idrici e una formazione costante a 40 groupement presenti nella zona andando a coinvolgere 1.000 famiglie», spiega Fabio Castronovo, agronomo e responsabile del progetto di sicurezza alimentare di COOPI in Ciad. In media ogni nucleo familiare qui è formato da 6 persone, il che significa che il sostegno all’agricoltura locale di COOPI coinvolge circa 6mila persone.
Una sfida complessa. «Alcuni groupement si sono formati nell’ambito del progetto, altri esistevano già ma non erano consolidati, le aree coltivate erano ancora molto ridotte», continua Castronovo. «L’accesso all’acqua è un ostacolo ancora grosso. È stata dura. Abbiamo sofferto insieme ai beneficiari, ma iniziamo davvero ad avere dei risultati».
Il gruppo di Abbami ha scelto di chiamarsi “souffrance”, “sofferenza”, perché mi spiega, «Il lavoro della terra è durissimo, non si raccolgono i frutti senza soffrire», eppure le cose adesso sono migliorate. «Grazie a COOPI adesso abbiamo delle motopompe con cui finalmente siamo riusciti ad irrigare ampie parti di terreno».
Un’innovazione che non ha solo trasformato il paesaggio, ma anche le abitudini alimentari di centinaia di famiglie, in un territorio in cui la maggior parte delle persone fatica a mangiare più di una volta al giorno.
«Adesso mangiamo più verdura e abbiamo il mais per fare la farina. Le nostre mogli possono preparare pane e gateau», continua Abbami, spiegando che finalmente riescono anche ad avere prodotti in eccesso che possono essere venduti al mercato. Il ricavo serve per mandare avanti gli orti, per l’acquisto di attrezzi, nuove sementi e la manutenzione del sistema idrico. Un miglioramento faticosissimo ma visibile che mi viene ripetuto da tutti i contadini che incontriamo sulle rive del lago.